CONOSCO dei cacciatori che ceno non mi hanno conquistato al loro hobby, ma si sono fatti perdonare con i loro racconti: l'attesa dell'alba nella botte in palude, i silenzi e gli odori della valle, il frusciare di penne nell'aria ancora buia.
E attraverso questi fruscii il riconoscimento del volo di anitre, folaghe o beccacce.
E più alta, solenne la geometria delle cicogne che fuggono dal gelido Nord.
Narrazioni minuziose, competenti e appassionate, con un sottinteso più o meno esplicito: la caccia è un solo pretesto, senza la caccia non conoscerei questi momenti e questi paesaggi.
Attenuanti concesse.
Però stavolta la musica è cambiata.
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