In tutto il mondo è al centro del dibattito, ma da noi destra e sinistra non ne parlano. Pesano la tradizione marxista e i ritardi di un conservatorismo poco europeo. In Italia ambientalismo no-partisani 'verdi' in cerca di un difficile futuro. La scomparsa del Sole che ride dal Parlamento obbliga tutti a una riflessioneDella Seta: "C'è anche la difesa dell'ambiente dietro i fenomeni Grillo e Lega"di VALERIO GUALERZI
i 'verdi' in cerca di un difficile futuro" src="http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/ambiente/futuro-ambientalismo/futuro-ambientalismo/este_14165729_58160.jpg" width=230>
Look ecologico per il conservatore britannico David Cameron
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Look ecologico per il conservatore britannico David Cameron
ROMA - Durante la campagna elettorale per il Comune di Roma Gianni Alemanno ha promesso il raddoppio del Grande raccordo anulare, ma un'icona dell'ambientalismo come Carlo Petrini sostiene che il neosindaco della capitale "è un politico senza difetti". Massimo De Maio, il presidente di Fare Verde, associazione nata da uno costola del neofascista Fronte della Gioventù, mette in chiaro che "io ho quasi sempre votato Rifondazione e comunque, come spiegava Alex Langer, l'ambientalismo non è né di destra né di sinistra". Roberto Della Seta, membro dell'Esecutivo del Partito democratico e per molti anni ai vertici di Legambiente, spiega che "probabilmente dal punto di vista ecologista il programma più avanzato al mondo è quello dei conservatori britannici". "C'è grande confusione sotto il cielo, la situazione è ottima", avrebbe detto Mao Tze Tung, ma i "timonieri" dell'ambientalismo nostrano sono molto meno ottimisti. La scomparsa dei Verdi. Nessuno tra loro pensa che fossero i Verdi a rappresentare politicamente l'ecologismo italiano e le critiche alla gestione di Pecoraro Scanio si sprecano, ma per tutti la scomparsa dal Parlamento del Sole che ride dopo oltre venti anni è stata comunque un brutto colpo, quanto meno simbolico. "Questo terremoto - osserva Della Seta - è stato un aspetto poco trattato nelle analisi post elettorali, in effetti si è chiusa una pagina". Globalizzazione e identità. Se in molti dopo il 14 aprile ci hanno spiegato che la lotta di classe è ormai roba da libri di storia e i comunisti sono spariti da Camera e Senato perché il voto operaio è passato alla Lega, difficile trovare qualcuno pronto a sostenere che sia finita anche la questione ambientale. La riflessione di Della Seta prende la forma di un gioco di matrioske. "Il bisogno di sicurezza che ha spinto gli elettori verso destra è anche un bisogno di identità e chi minaccia l'identità è un certo tipo di globalizzazione e tra chi si oppone a questo tipo di globalizzazione c'è sicuramente l'ambientalismo".
Il Luogo dell'ambientalismo. Insomma, non sono solo l'emergenza climatica ed energetica a fare del "pensiero verde" la questione del futuro, ma anche la sfida sulla sicurezza passa per l'ecologismo. E se la sinistra in Italia non ha ancora capito l'importanza di giocare questa carta, "del saper dare risposte al bisogno di Luogo", per dirla ancora con le parole di Della Seta, la destra se l'è ritrovata tra le mani senza neppure rendersene conto. Il peso della tradizione. Il quadro che traccia il dirigente del Pd, coautore tra l'altro del Dizionario del pensiero ecologico da Pitagora ai No global, è desolante. "Veltroni in campagna elettorale ha cercato di introdurre qualche novità importante, ma è stato timido: pesa la tradizione marxista di matrice operaista, poco attenta all'ambiente, che ha influenzato anche una parte del movimento politico d'ispirazione cristiana. Allo stesso modo la destra italiana è in enorme ritardo rispetto al resto d'Europa, dove l'ambiente è diventato un tema centrale delle campagne di leader come Merkel, Sarkozy e Cameron: qui siamo fermi all'eccezione Alemanno e a qualche riflessione individuale di Tremonti". Riscossa dal Val di Noto? Fabio Granata nella duplice veste di dirigente siciliano di Legambiente neoeletto deputato nelle liste del Pdl dopo una lunga militanza in An, ammette il ritardo, ma è meno pessimista. "Se è vero che nel centrodestra c'è una mancanza storica di cultura ambientale, è anche vero - dice - che si sta recuperando in fretta, grazie soprattutto al ricambio generazionale: battaglie ambientaliste come quella contro le trivellazioni petrolifere in Val Di Noto viste inizialmente con scetticismo iniziano ad essere apprezzate per il loro valore localistico, per l'impegno a favore della bellezza e della qualità come prima risorsa da tutelare. Non a caso tra le cose più a lette a destra in questo momento c'è 'Pensiero meridiano' di Franco Cassano". Un patrimonio annacquato. Valutazioni che Massimo De Maio, forte della lunga frequentazione con la destra "sociale" conferma solo a metà. "Una parte dei valori dell'ambientalismo moderno, come la lotta alla globalizzazione, la difesa delle identità locali e delle tradizioni, la critica del materialismo, fanno parte del patrimonio della destra 'storica', ma la destra attuale è solo un contenitore elettorale privo di ideali". Se la critica alla destra è spietata, non è certo a sinistra però che De Maio ha voglia di guardare. Per tutta la campagna elettorale Veltroni ha ripetuto come un disco rotto che "l'Italia deve crescere", parole che devono aver avuto l'effetto dell'orticaria su un entusiasta sostenitore del "Movimento per la decrescita felice" che "festeggia quando il Pil scende", come il presidente di Fare Verde. Timidezza punita. Destra come sinistra, sinistra come destra e nessuno davvero ambientalista? La situazione paradossalmente è ancora più confusa e ancora una volta le contraddizioni si attorcigliano alle contraddizioni. Nella passata legislatura il verde Paolo Cento da sottosegretario all'Economia ha contribuito all'approvazione del disegno di legge per l'introduzione dell'indice di sostenibilità ambientale, una prima piccola picconata alla dittatura del Pil e della crescita ad ogni costo, ma la sinistra ha pensato bene di tenere l'iniziativa semiclandestina. Il fattore Grillo. Probabile che il provvedimento sia destinato a rimanere l'ennesimo libro delle buone intenzioni, ma magari rivendicare questo piccolo passo avanti poteva servire a parare qualche bordata di Beppe Grillo, che dello slogan "meno-meno-meno" ha fatto uno dei suoi manifesti astensionisti. "E' fuori di dubbio - osserva ancora Della Seta - che il comico genovese abbia fatto breccia soprattutto a sinistra, ma se tutti sottolineano il contenuto antipolitico e anticasta della sua campagna, nessuno ha fatto notare che l'altra metà del suo programma è di carattere ambientalista". Il problema della rappresentanza. L'ambientalismo insomma non è morto, fatica solo a trovare un'espressione politica all'altezza delle questioni che pone, ma anche degli orizzonti di cambiamento che dischiude. E qui le analisi di De Maio e Della Seta tornano a coincidere, ritrovandosi anche con quella di Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace. "Anche se le elezioni sembrerebbero dire il contrario, i temi ambientali sono molto sentiti tra i cittadini. Il problema non è dell'ambientalismo ma della politica. Quella italiana su questi temi è più statica persino del Vaticano, c'è un problema enorme di rinnovo generazionale del ceto politico all'interno di un Paese che è in generale fortemente restio ad assorbire e generare innovazione". La questione della modernità. Onufrio è convinto quindi che la nuova scacchiera politica disegnata dal voto di aprile non cambierà le cose e comunque non dispera, visto che "i successi più grandi noi li abbiamo ottenuti proprio quando al governo c'era la destra". "Siamo di fronte a un problema tecnico - aggiunge - con una maggioranza meno propensa ad ascoltare le nostre ragioni, ma le tematiche ambientali restano fortissime nella società e i problemi sono destinati ad aggravarsi, per questo il nostro compito è dialogare per spiegare cosa è davvero moderno, mica penseranno davvero che nucleare e autostrade sono la modernità?". (15 maggio 2008)
Lino Pironato
Il Luogo dell'ambientalismo. Insomma, non sono solo l'emergenza climatica ed energetica a fare del "pensiero verde" la questione del futuro, ma anche la sfida sulla sicurezza passa per l'ecologismo. E se la sinistra in Italia non ha ancora capito l'importanza di giocare questa carta, "del saper dare risposte al bisogno di Luogo", per dirla ancora con le parole di Della Seta, la destra se l'è ritrovata tra le mani senza neppure rendersene conto. Il peso della tradizione. Il quadro che traccia il dirigente del Pd, coautore tra l'altro del Dizionario del pensiero ecologico da Pitagora ai No global, è desolante. "Veltroni in campagna elettorale ha cercato di introdurre qualche novità importante, ma è stato timido: pesa la tradizione marxista di matrice operaista, poco attenta all'ambiente, che ha influenzato anche una parte del movimento politico d'ispirazione cristiana. Allo stesso modo la destra italiana è in enorme ritardo rispetto al resto d'Europa, dove l'ambiente è diventato un tema centrale delle campagne di leader come Merkel, Sarkozy e Cameron: qui siamo fermi all'eccezione Alemanno e a qualche riflessione individuale di Tremonti". Riscossa dal Val di Noto? Fabio Granata nella duplice veste di dirigente siciliano di Legambiente neoeletto deputato nelle liste del Pdl dopo una lunga militanza in An, ammette il ritardo, ma è meno pessimista. "Se è vero che nel centrodestra c'è una mancanza storica di cultura ambientale, è anche vero - dice - che si sta recuperando in fretta, grazie soprattutto al ricambio generazionale: battaglie ambientaliste come quella contro le trivellazioni petrolifere in Val Di Noto viste inizialmente con scetticismo iniziano ad essere apprezzate per il loro valore localistico, per l'impegno a favore della bellezza e della qualità come prima risorsa da tutelare. Non a caso tra le cose più a lette a destra in questo momento c'è 'Pensiero meridiano' di Franco Cassano". Un patrimonio annacquato. Valutazioni che Massimo De Maio, forte della lunga frequentazione con la destra "sociale" conferma solo a metà. "Una parte dei valori dell'ambientalismo moderno, come la lotta alla globalizzazione, la difesa delle identità locali e delle tradizioni, la critica del materialismo, fanno parte del patrimonio della destra 'storica', ma la destra attuale è solo un contenitore elettorale privo di ideali". Se la critica alla destra è spietata, non è certo a sinistra però che De Maio ha voglia di guardare. Per tutta la campagna elettorale Veltroni ha ripetuto come un disco rotto che "l'Italia deve crescere", parole che devono aver avuto l'effetto dell'orticaria su un entusiasta sostenitore del "Movimento per la decrescita felice" che "festeggia quando il Pil scende", come il presidente di Fare Verde. Timidezza punita. Destra come sinistra, sinistra come destra e nessuno davvero ambientalista? La situazione paradossalmente è ancora più confusa e ancora una volta le contraddizioni si attorcigliano alle contraddizioni. Nella passata legislatura il verde Paolo Cento da sottosegretario all'Economia ha contribuito all'approvazione del disegno di legge per l'introduzione dell'indice di sostenibilità ambientale, una prima piccola picconata alla dittatura del Pil e della crescita ad ogni costo, ma la sinistra ha pensato bene di tenere l'iniziativa semiclandestina. Il fattore Grillo. Probabile che il provvedimento sia destinato a rimanere l'ennesimo libro delle buone intenzioni, ma magari rivendicare questo piccolo passo avanti poteva servire a parare qualche bordata di Beppe Grillo, che dello slogan "meno-meno-meno" ha fatto uno dei suoi manifesti astensionisti. "E' fuori di dubbio - osserva ancora Della Seta - che il comico genovese abbia fatto breccia soprattutto a sinistra, ma se tutti sottolineano il contenuto antipolitico e anticasta della sua campagna, nessuno ha fatto notare che l'altra metà del suo programma è di carattere ambientalista". Il problema della rappresentanza. L'ambientalismo insomma non è morto, fatica solo a trovare un'espressione politica all'altezza delle questioni che pone, ma anche degli orizzonti di cambiamento che dischiude. E qui le analisi di De Maio e Della Seta tornano a coincidere, ritrovandosi anche con quella di Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace. "Anche se le elezioni sembrerebbero dire il contrario, i temi ambientali sono molto sentiti tra i cittadini. Il problema non è dell'ambientalismo ma della politica. Quella italiana su questi temi è più statica persino del Vaticano, c'è un problema enorme di rinnovo generazionale del ceto politico all'interno di un Paese che è in generale fortemente restio ad assorbire e generare innovazione". La questione della modernità. Onufrio è convinto quindi che la nuova scacchiera politica disegnata dal voto di aprile non cambierà le cose e comunque non dispera, visto che "i successi più grandi noi li abbiamo ottenuti proprio quando al governo c'era la destra". "Siamo di fronte a un problema tecnico - aggiunge - con una maggioranza meno propensa ad ascoltare le nostre ragioni, ma le tematiche ambientali restano fortissime nella società e i problemi sono destinati ad aggravarsi, per questo il nostro compito è dialogare per spiegare cosa è davvero moderno, mica penseranno davvero che nucleare e autostrade sono la modernità?". (15 maggio 2008)
Lino Pironato
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