«Entro l'anno 2020 la terza causa di morte a Verona e in tutto il Veneto sarà la Bpco, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, una malattia che si aggrava proprio a causa dello smog». Lo ha spiegato ieri mattina alla Gran Guardia durante un congresso il professor Roberto Dal Negro, direttore della divisione di pneumologia delL Ulss 22 di Bussolengo. La Bpco, insomma, è destinata al macabro podio delle cause di mortalità, preceduta solo da tumori e malattie cardiovascolari. Non è però finita qui. «Ad oggi il costo della gestione della Bpco - ha spiegato Dal Negro - è di circa sei miliardi di euro». Quasi mezza finanziaria. E a peggiorare la situazione ci si mettono anche le Pm 10. Nell'ultima settimana, intanto, i livelli soglia d'allarme in città sono stati superati abbondantemente. Polveri che vanno ad aggravare le patologie legate all'asma bronchiale. Ma di fronte all'allarme lanciato da medici e specialisti, l'assessore comunale all'Ambiente, Federico Sboarina, minimizza: «Siamo di fronte ad una situazione seria, già nota, ma non allarmante», dice. E aggiunge che i giorni sforati sono in calo. Sarà proprio così? I dati dell'Arpav dello scorso anno hanno segnato oltre 150 giorni di sforamento delle polveri, con un limite massimo di 35 giorni stabilito dalle norme europee e dell'organizzazione mondiale della sanità. Limite quasi "consumato" nel solo mese di gennaio. Insomma, l'aria di Verona, come del resto del Veneto, è e resta avvelenata. E qualche giorno in meno di Pm10, secondo i dottori, non basterà a salvare le vite di chi oggi continua a morire di smog.
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